LA TASSA DI ESSERE DONNA

CON L’IVA AL 10%, IL CICLO È ANCORA UN LUSSO

Coop rilancia la petizione per abbassare l’Iva sugli assorbenti: l’obiettivo è raggiungere un milione di firme e favorire una presa di coscienza collettiva su quella che è una vera e propria discriminazione, anche nel carrello

Per l’8 marzo, Coop rilancia la petizione per abbassare l’Iva sugli assorbenti femminili, anche con un appello sostenuto da personalità del mondo della cultura e dell’associazionismo. E ora è la prima azienda della grande distribuzione ad avere ottenuto la Certificazione di genere, per promuovere concretamente le pari opportunità 

Esiste in Italia una tassa sulle donne? Si: è l’Iva sugli assorbenti femminili, che da gennaio è tornata al 10%, dopo essere stata al 5% per un solo anno. Come se l’igiene durante il ciclo fosse un lusso, visto che l’Iva sui prodotti di prima necessità, invece, è al 4%. 

Una questione non tanto di centesimi quanto di valori e di diritti, ricorda la nuova tappa della campagna “Stop Tampon Tax” di Coop, che su questo tema ha rilanciato a gennaio la petizione online “Il ciclo è ancora un lusso” e, ora, anche un appello pubblico al quale stanno portando il proprio sostegno personalità dell’associazionismo, della cultura, del web dalla presidente di Differenza Donna Luisa Ercoli a quelli della Federazione Italiana Canottaggio, Giuseppe Abbagnale, dai vertici di Arcigay Natascia Maesi e Gabriele Piazzoni e di Oxfam Italia Emilia Romano e Roberto Barbieri, all’economista Azzurra Rinaldi, la filosofa Michela Marzano, la comunicatrice Annamaria Testa, la scrittrice Loredana Lipperini, la presidente della Fondazione Bellisario Lella Golfo… 

Giornata clou per diffonderla e promuoverla l’8 marzo, quando in occasione della Festa della Donna nei punti vendita Coop soci volontari e lavoratori raccoglieranno firme e porteranno l’adesione di tanti testimonial della vita pubblica locale. 

Intanto, da gennaio e fino a tutto maggio, Coop ha scelto di “neutralizzare” l’aumento dovuto all’innalzamento dell’Iva sugli assorbenti a proprio marchio, come se fosse al 5%, per dare un segno tangibile di impegno. In questi giorni, su una serie di assorbenti a marchio Coop sarà stampato anche il Qr Code che conduce alla pagina, sulla piattaforma online Change.org, dove è possibile aderire all’appello al governo per abbattere la “tassa sulle donne”. L’obiettivo è raggiungere un milione di firme e favorire una presa di coscienza collettiva su quella che è una vera e propria discriminazione, anche nel carrello. 

 

CIAO, EMANCIPAZIONE 

La campagna “Stop Tampon Tax” era stata lanciata nel 2021 da Coop con il collettivo di giovani donne Onde Rosa e il sostegno della piattaforma Change.org, producendo effetti concreti e raccogliendo oltre 700 mila firme, digitali. Una nuova tappa della campagna “Close the gap” per ridurre le differenze, eliminare il gap di genere e le discriminazioni di tutti i tipi, che ora ha portato Coop Italia a ottenere anche la certificazione di genere. 

Non è solo questione di Iva, purtroppo: la parità e l’emancipazione non solo economica delle donne sono ancora lontane nel nostro Paese. L’Italia, infatti, è il fanalino di coda in Europa per occupazione femminile e le donne, quando lavorano, hanno retribuzioni sensibilmente più basse e incarichi pagati meno. Una su cinque, poi, quando diventa mamma lascia il lavoro per l’impossibilità di conciliarlo con le nuove esigenze familiari. 

Per spiegare i problemi del mercato del lavoro femminile sono essenziali gli studi di Claudia Goldin, l’economista americana che l’anno scorso ha ottenuto il Nobel per l’economia. Storicamente, sottolinea nella motivazione l'Accademia reale svedese delle Scienze, gran parte del divario di genere nei guadagni potrebbe essere spiegato da differenze nell’istruzione e nelle scelte professionali delle donne, oltre che alle evoluzioni dell’economia, del costume e persino della medicina (basti pensare all’importanza che hanno avuto la crescita del settore dei servizi e la pillola contraccettiva nell'emancipazione femminile). Tuttavia, Goldin ha dimostrato che, tutt’oggi, la maggior parte di questa differenza di reddito nei paesi ricchi si verifica ancora, anche quando uomini e donne hanno la stessa occupazione, e cresce in gran parte con la nascita del primo figlio. 

In molti settori, infatti, ci si aspetta che i dipendenti siano costantemente disponibili e flessibili di fronte alle richieste del datore di lavoro e, visto che le donne spesso si assumono maggiori responsabilità rispetto agli uomini nella cura dei figli e della famiglia, per loro è più difficile rispondere a queste richieste, fare carriera e veder aumentare il proprio reddito. 

 

UN IMPEGNO “CERTIFICATO” 

Come se ne esce? Serve accelerare sulla parità di genere, con un percorso condiviso da istituzioni, imprese e persone che continua tuttavia a presentare diverse criticità. Secondo la Commissione Europea, nessuno degli Stati membri ha finora raggiunto la parità di condizione tra donne e uomini sulle dimensioni della vita che hanno a che fare con i temi del lavoro, della retribuzione, dell’assistenza, della pensione, dell’accesso alla leadership, sia essa legata al mondo del privato o alla sfera pubblica, sia essa di tipo dirigenziale, politico o istituzionale. 

La parità di genere è anche uno degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals-SDGs). Nell’ultimo rapporto, del 2023, l’ASVIS (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile) evidenzia che l’Italia si è piazzata al 79° posto nella graduatoria di 146 Paesi (“The global gender gap report 2023”), con un arretramento di ben 16 posizioni rispetto al 2022. Considerando i 36 Paesi europei, ci piazziamo solo al 30° posto. 

Per questo Coop ha deciso di impegnarsi anche ottenendo la certificazione di genere. «È uno strumento volontario – spiega Chiara Faenza, responsabile Sostenibilità e valori di Coop Italia, che ne ha seguito l’iter – che prevede di misurare e monitorare nel tempo una serie di indicatori quantitativi e qualitativi. Si tratta di una possibilità prevista dal 2022 in base al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR): mira ad accompagnare ed incentivare le imprese a adottare politiche adeguate per ridurre il divario di genere riguardo alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità. In senso più ampio punta a propagare un vero cambiamento culturale».

Quindi, a promuovere una maggiore partecipazione femminile nel mercato del lavoro (essenziale anche per la crescita economica del nostro Paese), assicurando al contempo maggiore qualità del lavoro delle donne. 

Sono 6 le aree su cui le organizzazioni inclusive devono misurarsi (e raggiungere un punteggio sufficiente per certificarsi), mettendo in piedi un efficace sistema di gestione con parametri specifici (KPI) da misurare nel tempo: cultura e strategie, governance, processi delle risorse umane, opportunità di crescita e inclusione, equità remunerativa, tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro. A emettere la certificazione è un ente terzo, imparziale. Entro il 2026 la certificazione di genere dovrebbe essere conseguita in Italia da almeno 1.800 tra enti e imprese, per i quali è previsto un sistema di sgravi e agevolazioni. Oggi sono alcune centinaia e, nel momento in cui Consumatori va in stampa, Coop è la prima tra quelle della grande distribuzione organizzata ad averla ottenuta. Un percorso virtuoso che anche diverse cooperative di consumatori stanno intraprendendo, dopo aver già messo in campo, in questi anni, forti politiche per la parità tra uomini e donne, dentro e fuori i punti vendita, sedi e magazzini. 

 

PRODOTTI COOP PIÙ INCLUSIVI

Dal 2019 Coop Italia aveva già inserito i principi delle Convenzioni delle Nazioni Unite (WEPs) sull’eliminazione delle forme di discriminazione, sia contro le donne sia razziale, nel Codice di Condotta e nei documenti contrattuali per i fornitori a marchio Coop, e dal 2021 ha reso pubblico il su impegno, spiega Maura Latini, presidente di Coop Italia: «La certificazione di genere è l’evoluzione naturale di questo percorso, basato sui nostri valori, e della campagna “Close the gap”, che punta a rendicontare e migliorare la condizione delle donne in Coop e intervenire a tutti i livelli al nostro interno, tra il management, i dipendenti, ma anche con i soci, i fornitori e, più in generale, le comunità in cui operiamo».

Oltre alle proposte formative per le scuole (597 le classi che hanno aderito finora ai percorsi legati a Close the gap), tra le novità di quest’anno c’è un programma di formazione online, messa a punto con Oxfam e Scuola Coop, per rendere progressivamente il management di tutte le aziende fornitrici dei prodotti a marchio Coop più informati e consapevoli sul tema del gender equality, sugli strumenti che hanno a disposizione e che potrebbero utilizzare per una corretta gestione del personale. Partecipare sarà un elemento di valutazione qualitativa dei fornitori stessi. Tra i temi trattati, ad esempio, come prevenire e trattare le molestie, i rapporti di potere e vulnerabilità nei luoghi di lavoro, l’importanza di valorizzare le diversità, la certificazione di genere. Per gettare nel futuro un seme di cambiamento in altre migliaia di aziende lungo le filiere di ogni dimensione e fin dentro i prodotti Coop. 

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