ORTOFRUTTA COOP, FRENO AI PESTICIDI CON L’AGRICOLTURA DI PRECISIONE

29/05/2019

S’inizia con le ciliegie, ma entro quest’anno saranno 15 le filiere di ortofrutta a marchio Coop senza glifosato, né tre nuovi pesticidi 

La nuova campagna Coop è partita con le ciliegie, ma la “torta” è molto più grossa e ha due nomi: si chiama riduzione progressiva dei pesticidi dai campi e dalle nostre tavole; e si chiama agricoltura di precisione, un tipo di agricoltura più moderna e sostenibile – il cui simbolo è il drone o il trattore a guida autonoma – che rappresenta la strada del futuro per mettere una decisa barriera ai pesticidi, eliminare gli sprechi, aumentare le rese e risparmiare su più versanti. 

Coop ha deciso di promuoverla (esiste dagli anni Novanta ma da noi è ancora una rarità) come parte integrante del suo impegno per l’ambiente, ma anche per la sicurezza alimentare e la salubrità e qualità dei prodotti

 

L’agricoltura ad alta sostenibilità è, infatti, a detta di esperti e addetti ai lavori, uno dei terreni ideali in cui si può realizzare l’incrocio virtuoso tra sostenibilità ambientale, economica e sociale, con risparmi di acqua, di energie, di tempo, di costi e… di chimica sparsa nei campi. «Con questa campagna poniamo un deciso freno ai pesticidi – ha detto il presidente di Coop Italia Marco Pedroni – alzando l’asticella e chiedendo a tutti un salto di qualità».

Da maggio, intanto, le ciliegie Coop che vediamo sugli scaffali sono già quelle cresciute al riparo non solo dal maltempo, ma anche da altre quattro molecole chimiche (leggi erbicidi) i cui effetti sono controversi per quanto riguarda il rischio diretto che comportano, se correttamente usate, per la salute dell’uomo, ma che di certo non giovano alla qualità dell’ambiente e alla biodiversità degli ecosistemi. Tra queste c’è il famoso glifosato, il diserbante più impiegato al mondo, al centro di accese diatribe sulla sua tossicità e nocività per gli organismi viventi. Coop, anche in questo caso, adottando il principio di precauzione – come già per gli Ogm, l’olio di palma e l’uso sistematico di antibiotici negli allevamenti – dice “no” al glifosato e ad altri tre erbicidi dai nomi ostici, che vanno così ad aggiungersi alla decina di sostanze eliminate dal 1993, da quando cioè con 1 milione di firme Coop avviò la prima grande campagna per la riduzione dei pesticidi in Italia. 

 

COME SI SVILUPPA LA CAMPAGNA

Entro la fine di quest’anno saranno 15 le filiere di ortofrutta a marchio Coop già “free from”, cioè senza il glifosato e i tre nuovi pesticidi a cui si è posto un freno. Tra queste, oltre alle ciliegie, ci sono i meloni, l’uva e le clementine. 

Entro tre anni, tutta l’ortofrutta Coop (35 filiere) proverrà da coltivazioni protette dall’utilizzo indiscriminato della chimica. 

Già oggi, lo ricordiamo, i residui dei trattamenti nei campi sono ridotti a quantità inferiori del 70% rispetto ai limiti di legge, grazie alla lotta integrata lanciata negli anni Novanta. Se il mondo scientifico è diviso sui danni arrecati all’uomo, nessun consumatore, questo è certo, vorrebbe averli nel piatto.

In totale sono 116 i fornitori di un settore importante per le scelte d’acquisto dei consumatori e per la difesa dell’italianità: quasi il 90% della frutta e verdura Coop è di origine italiana. 

Si contano nel progetto oltre 7.000 aziende agricole che vengono ora indirizzate ad adottare le buone pratiche – cioè stop ai pesticidi e transizione a un’agricoltura di precisione e digitale 4.0 – che saranno estese, a regime, a tutte le famiglie di prodotti ortofrutticoli, per un volume di oltre 100mila tonnellate e un valore di circa 325 milioni di euro.

 

L’USO DEI PESTICIDI IN ITALIA 

L’Italia aveva bisogno di questa svolta. È infatti tra i primi paesi in Europa per il consumo di pesticidi (prima per unità di superficie coltivata, terza per le quantità complessivamente utilizzate, preceduta da Francia e Spagna) con una tendenza tuttavia in calo: – 22,2% nei fitofarmaci nel periodo 1990-2015, dimezzamento degli insetticidi negli ultimi quindici anni. 

L’agricoltura di precisione, che è più chirurgica e meno massiva di quella tradizionale, rispondendo al principio “fare le cose giuste al momento giusto” – cioè dare i trattamenti (avvalendosi delle tecnologie informatiche e digitali) solo quando e là dove servono, e nelle quantità necessarie – è la risposta a questa domanda di “più ambiente” che è in testa alle preoccupazioni degli italiani e non solo.

Per dare un’idea degli attuali sprechi, parlando di fertilizzanti solo la metà dell’azoto distribuito in un anno nell’Unione europea va a buon fine. In alcuni casi appena il 15%. A riportarlo è il professor Luigi Sartori, docente dell’Università di Padova, esperto di meccanica agraria e strumentazioni applicate alle macchine. A lui chiediamo quali fattori rallentano lo sviluppo di un’agricoltura di precisione oggi in Italia. Le linee guida, infatti, ci sono, firmate nel dicembre 2017 dall’ex ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina, e fissano in nome della sostenibilità e della lotta ai cambiamenti climatici, l’obiettivo del 10% entro il 2021 della superficie agricola nazionale gestita con un approccio smart. Ma fatichiamo a muoverci dall’1% contro il 20% ad esempio di Francia e Gran Bretagna. 

«Le barriere principali – risponde Sartori – sono rappresentate dagli elevati investimenti iniziali, dalla scarsa informazione e informatizzazione del mondo agricolo, dalla difficoltà di aggiornamento sulle nuove tecnologie da parte dei venditori o dell’assistenza tecnica, dal tempo richiesto per elaborare i dati e dai poco chiari o poco evidenti benefici economici che si possono ottenere. Questi problemi vanno risolti con un’adeguata formazione di chi utilizza queste tecnologie, con la condivisione delle informazioni, con un’informatizzazione adeguata e va garantito un sostegno economico agli imprenditori agricoli. Perciò ben venga una campagna come quella di Coop per indirizzare i propri fornitori di frutta e verdura verso l’agricoltura di precisione. Un’iniziativa che va promossa e alimentata nel tempo, perché può dare un notevole contributo al suo sviluppo in Italia».
Il mercato dell’agricoltura di precisione in Italia, secondo le stime di Coldiretti, vale già 400 milioni di euro, con una crescita annua del 270%.