PROGRAMMATI PER DURARE QUANTO?

100 miliardi l’anno: è la stima del danno per i consumatori europei costretti
a sostituire anzitempo i prodotti acquistati. Sotto accusa è l’obsolescenza programmata 

La vita si allunga, ma non per tutti: per alcuni prodotti si accorcia, in particolare per gli smartphone e gli elettrodomestici, le due categorie a maggior rischio di obsolescenza programmata. Con questo termine si intende l'accusa rivolta all'industria, che la respinge, di abbreviare intenzionalmente la durata di un prodotto. Per dirla in altre parole, una strategia commerciale – non facile da dimostrare attraverso test di laboratorio – tesa alla sostituzione prematura dei prodotti che nascerebbero per avere una vita breve, o verrebbero "uccisi" prima del tempo. E con un'economia come la nostra, che è in forte stagnazione, è facile capire quanto tale strategia possa pagare... Ma i produttori negano e chiamano in causa la spinta all’innovazione che accelera inevitabilmente il tasso di sostituzione dei beni e un loro ricambio. 

Che cosa succederebbe, in pratica, secondo le associazioni dei consumatori, e secondo la stessa Antitrust che è intervenuta concretamente sul tema? – un tema, come vedremo, al centro di multe e di un primo disegno di legge in Italia per combattere l'obsolescenza programmata – Succederebbe che alcuni dispositivi uscirebbero già di fabbrica per non durare troppo oltre la scadenza dei 24 mesi di garanzia

«Con questo comportamento organizzato ai danni degli acquirenti – afferma Carlo Rienzi, fondatore e presidente nazionale di Codacons – si vendono prodotti fatti per guastarsi dopo un certo tempo e indurne a comprarne altri. La truffa in commercio è un illecito penale e come tale va perseguita». 

Del fenomeno si discute molto ultimamente, ma si sta parlando, scorrendo gli annali, di un "modello di business" esistente già dal lontano 1924,
da quando cioè le principali aziende elettriche del mondo si misero d'accordo (cartello Phoebus) per costruire lampadine che non durassero più di 1.000 ore. Oggi alle lampadine si sono sostituiti smartphone e lavatrici ad alto contenuto tecnologico e il danno per i consumatori si è fatto ingente. L'Antitrust lo ha stimato in 100 miliardi di euro l'anno su scala europea. 

L'obsolescenza, cioè l'invecchiamento precoce, ha come effetto un vantaggio per l'azienda che massimizza i suoi profitti, ma un danno economico e ambientale ai singoli e alla collettività. Ed è ancora più subdola se è di tipo funzionale. Gli esempi classici sono quelli di smartphone, tablet e computer che, dopo gli ultimi aggiornamenti – come molti avranno sperimentato rimettendoci del denaro – non funzionano più bene e vanno sostituiti con modelli più nuovi. Per tali "pratiche commerciali scorrette" proprio l'Antitrust, applicando il Codice del consumo (ancora non esiste infatti una legge in Italia che disciplini l'obsolescenza programmata, se ne sta discutendo in Senato) ha multato Apple e Samsung, rispettivamente per 10 e 5 milioni di euro, con una sentenza definita "storica" dall'avvocato di Altroconsumo, Ivo Tarantino. 

Sotto la lente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni erano finiti, in particolare, gli aggiornamenti del firmware di alcuni cellulari che, di fatto, li hanno poi resi inservibili, accelerando la corsa a modelli sempre più nuovi e aumentando la montagna di spazzatura elettronica

Nella nuova legge si parla di vietare gli aggiornamenti automatici che possono rallentare i dispositivi più datati, e soprattutto di estendere i due anni della garanzia legale, più che raddoppiandoli e, per i grandi elettrodomestici, portandoli a dieci anni. In commercio sono già arrivate le prime lavatrici con motori inverter (a basso logorio meccanico) garantiti per un decennio. 

 

I TERMINI DELLA DIATRIBA 

Esultano le associazioni a difesa dei diritti dei consumatori, secondo le quali l'Antitrust ha finalmente sanzionato una pratica diffusa. Ma i produttori non ci stanno e controbattono chiamando in causa la velocità di innovazione che oggi "brucia" in poco tempo i dispositivi (hardware), rendendoli inadatti ai nuovi sistemi operativi (software). ANIE, la federazione che rappresenta, in seno a Confindustria, le imprese elettroniche ed elettrotecniche, invita alla prudenza. Lo stesso termine «obsolescenza programmata – puntualizza – dev'essere definito a livello comunitario", e non solo, "oggi non esiste nemmeno una definizione tecnico/normativa ufficiale di cosa si debba intendere per vita o durata di un prodotto». 

Chi ha ragione? Per l'Authority, chiamata in audizione al Senato dove è in esame il primo disegno di legge in materia, non paiono esserci dubbi: l'innovazione galoppante c'entra sì, ma fino a un certo punto. Roberto Rustichelli, che presiede l’Autorità di controllo, al termine delle istruttorie su Samsung e Apple ha sottolineato che tale strategia dell'industria «ha un rilevante impatto non solo sui diritti dei consumatori, ma anche sulla sostenibilità ambientale, riguardo al profilo della produzione dei rifiuti – tema che presenta strette connessioni con il modello dell’economia circolare – e sulla spesa pubblica, atteso che tali beni di consumo sono acquistati anche dalle pubbliche amministrazioni». 

 

I CAMBIAMENTI IN VISTA 

Il paese-faro nella battaglia promossa dall'Unione europea per prolungare la vita dei beni materiali è la Francia. Da tre anni qui vige una legge specifica per arginare l'obsolescenza programmata e dal 2020 sarà inoltre adottata un'etichetta con le indicazioni sulla durata, la riparabilità e la robustezza dei dispositivi elettronici ed elettrodomestici, con un punteggio che va da 1 a 10. 

In Italia, come detto, si discute presso la Commissione industria de  l Senato sulle maggiori tutele per il consumatore, che è l'anello finale e più debole di tutta la catena. «Qual è il reale valore di un telefono – fa notare infatti l'avvocato Tarantino – che mi costa centinaia di euro, se al primo aggiornamento diventa inservibile?». «Se ci impongono software o nuovi sistemi operativi per avere dei servizi – aggiunge l'avvocato Rienzi – ci mettono in una situazione di dipendenza: è una organizzazione che agisce per fregarci scientificamente».

Nel testo in esame, che andrà a modificare il Codice del consumo, all'articolo 1 si “fa divieto al produttore di mettere in atto tecniche che possano portare all’obsolescenza programmata dei beni di consumo”. Il riconoscimento automatico di tale diritto, senza oneri di prova, scatterebbe a un anno dall’acquisto, rispetto agli attuali 6 mesi. Poi si passa all'estensione della garanzia legale che, al netto di altre modifiche, salirà da 2 a 5 anni per i beni di piccole dimensioni e a 10 anni per quelli di grandi dimensioni, come i grandi elettrodomestici. Critiche su tutto l'impianto di legge sono state espresse dall'associazione dei produttori di elettrodomestici (APPLiA) e dubbi sugli anni di estensione della durata anche da parte dell'Antitrust, che ha invitato a tener conto dell'estrema varietà dei prodotti e della loro diversa evoluzione tecnologica, 

Di certo l'estensione della garanzia sarà impattante su tutto il mercato. Per Rienzi «bisognerebbe incaricare un istituto pubblico di stabilire quanto tempo dovrebbe rimanere in vita un prodotto, e quello dovrebbe essere il tempo della garanzia». Questa super estensione – avverte Samsung Italia – «può aumentare, però, significativamente i prezzi dei beni, a detrimento dei consumatori». E questo aumento sarebbe anche l'effetto dell'obbligo - in capo ai produttori - di conservare in magazzino i pezzi di ricambio dei prodotti piccoli (per 5 anni) e degli elettrodomestici grandi (per 10 anni). I costi di gestione dei magazzini, sottolinea Samsung, diventerebbero importanti. Non tanto, verrebbe da obiettare, quanto sostituire ogni volta un bene perché i ricambi non si trovano o costano troppo. (consumatori.e-coop.it)

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