Lo sfruttamento del lavoro in agricoltura

Coop, fatti concreti contro la filiera sporca dello sfruttamento

Monitoraggio costante sulle filiere dell’ortofrutta. È quello che fa Coop sin dal 1998 per la fornitura dei prodotti col proprio marchio, utilizzando il sistema di certificazione internazionale SA8000 (standard etico), integrandolo con focus specifici relativi alla sicurezza sul luogo di lavoro. Effettuate in questi anni oltre 1.200 ispezioni

La campagna “#FilieraSporca. Gli invisibili dell’arancia e lo sfruttamento in agricoltura nell’anno di Expo”, è un importante lavoro d’indagine e denuncia realizzato da un gruppo di associazioni (Terra! Onlus, Associazione antimafie da Sud e Terrelibere.org) per contrastare un fenomeno che in Italia si ripropone da anni, specie nelle regioni meridionali.

Proprio in questo che è l’anno dell’Expo questa iniziativa vuole sensibilizzare imprese e istituzioni ribadendo con fermezza che non si può "nutrire il pianeta" sfruttando tanti esseri umani che lavorano nei campi.

 

Il lavoro di indagine svolto, che si è concretizzato in un vero e proprio rapporto (disponibili integralmente all'indirizzo www.filierasporca.org), risale l'intera filiera – dal campo allo scaffale, passando per le agenzie di intermediazione, le multinazionali, la grande distribuzione – per individuare quelli che sono stati definiti come i veri “invisibili” dello sfruttamento del lavoro in agricoltura, analizzando e individuando i diversi punti critici. Questo anche grazie a interviste in campo e confrontandosi con gli operatori del settore e ricostruendo un modello produttivo gestito dai grandi commercianti locali, nel quale si innestano gli interessi di caporali e criminalità organizzata.

L’indagine è concentrata sulla raccolta di arance in Sicilia e Calabria, che è stata considerata, per la sua complessità, una filiera simbolica delle produzioni italiane.

Nella presentazione del rapporto, nel giugno scorso a Roma, presso la Camera dei Deputati , i promotori hanno presentato alcune proposte concrete che vanno nella direzione di garantire maggiori informazioni al consumatore attraverso norme per l’etichettatura trasparente, con l’obbligo di tracciabilità dei fornitori, rendendo pubblico l’elenco degli stessi. Questo perché informazioni chiare permettano a tutti di scegliere prodotti “slavery free”.

Le associazioni promotrici di questa iniziativa, durante la presentazione a Roma hanno espresso apprezzamento per la disponibilità e la collaborazione di Coop nella realizzazione del rapporto (solo due aziende hanno risposto alle domande loro poste e Coop è l’unica della grande distribuzione ad averlo fatto); a pagina 35 del rapporto è infatti scritto che “Coop è l’operatore più attento alla questione della responsabilità sociale” citando la gestione Coop relativamente alle tematiche sociali.

 

Coop infatti effettua un monitoraggio costante sulle filiere dell’ortofrutta e applica, sin dal 1998, per la fornitura dei prodotti col proprio marchio il sistema di certificazione internazionale SA8000 (standard etico), integrandolo con focus specifici relativi alla sicurezza sul luogo di lavoro.

Vengono effettuate verifiche su tutti i passaggi della filiera e in questi anni sono state fatte oltre 1.200 ispezioni, comprensive di interviste anonime ai lavoratori (in particolare per verificare il rispetto degli orari di lavoro e dei salari), inoltre vengono raccolte informazioni dagli stakeholder locali (sindacato, associazioni, ong), il tutto tramite operatori esterni qualificati.

In caso di settori critici, quali quello degli agrumi in Sicilia e Calabria o del pomodoro da trasformazione, vi è una particolare attenzione in termini di controlli con relativo coinvolgimento delle aziende agricole; negli ultimi 5 anni infatti Coop ha espulso 7 aziende agricole che avevano presentato non conformità gravi. (Chiara Faenza, responsabile sostenibilità e innovazione e valori di Coop Italia)