La presentazione de Il Bracconiere al Trento Film Festival

IL BRACCONAGGIO DEI SENTIMENTI E LE RELAZIONI FAMILIARI

Nel nuovo libro di Valentina Musmeci, l’alpinismo vissuto come prodezza, metafora di un approccio predatorio ai sentimenti e alle relazioni

In un mondo di prede e predatori, “Il Bracconiere” porta alla luce lo straziante prezzo emozionale delle violenze in famiglia in un’ottica di incoraggiamento alle relazioni sane. La lettura scorrevole e attenta, la scelta delle singole parole, dalla quale si evince la documentata attività di ricerca delle tematiche affrontate da parte della scrittrice Valentina Musmeci, portano chi legge dentro tre storie diverse. 

Bruno, il montanaro, inizialmente alpinista poi fotografo, è alla ricerca di emozioni forti. Il racconto di una montagna himalayana da scalare, roccia che attrae per maestosità e saldezza, nasconde nelle successive pagine del libro la realtà disarmante di egoismi individuali: isolamento, abuso emotivo ed economico, minacce. Sono solamente alcune tipologie di maltrattamenti che Bruno esercita per ottenere controllo e potere su Diamante, sua ex moglie, così come sulle altre anime da lui braccate. Mentre Diamante tenta di recuperare una dimensione personale di equilibrio, nella difficoltà della ricerca di un lavoro e di una relazione sana con i figli, descrive la fragilità di un’Italia lontana dalle pari opportunità, segnata da una trasformazione sociale ancora incompleta. 

La storia di Pia riporta ad un altro tipo di trasformazione: quello sociale e culturale degli anni ‘60. Vittima dell’eroina, dalla quale aveva faticato a liberarsi, Pia ritrova il suo vero io tra le vette del Tibet, in un cammino dipinto di spiritualità e natura, imparando a disegnare la sua nuova strada, che si unisce a quella di Diamante per condurla alla sua fase “evolutiva”.

 

Il tuo romanzo è estremamente contemporaneo: come è nato e perché?

Sette anni fa ho fondato l'associazione Falenablu, che propone attività artistiche a donne vittime di violenza presso il Mart di Rovereto.La vicinanza alle storie di queste donne mi ha spinto a trovare la forte motivazione per scrivere questo racconto. In genere si parla di violenza contro le donne rappresentandole con dei lividi o narrando vissuti atroci. Incentrare un racconto, che consente di approfondire il vissuto delle violenze in famiglia, attraverso la storia di un personaggio interessante come Bruno è stata una scelta importante. In effetti fermandosi al titolo si può pensare ad un tranello: prima si narrano le prodezze alpinistiche del protagonista, poi si approfondiscono le storie delle altre due protagoniste, che la vita ha messo a dura prova.

La metafora del Bracconiere ci aiuta a comprendere l'approccio predatorio nelle relazioni umane. Quotidianamente sentiamo parlare di violenza e di femminicidi, spesso siamo condizionati dalla paura di comportarci in maniera inadeguata. Ma dove sta il limite? Quando un comportamento è considerato normale e quando invece supera un limite?

La metafora del bracconiere ci aiuta a riflettere con semplicità sull'approccio predatorio nei rapporti umani, dannoso e da superare. Credo che la sfida di questi anni ci porti a dover lottare contro il cambiamento di un sistema, e la metafora della predazione, verso la natura, verso gli animali, così come tra le persone, è illuminante. Ci ho messo molto, 11 anni, ho fatto anche altre cose, ma ho ricercato a lungo prima di considerare conclusa la scrittura. 

 

Perché l’ambientazione a Trento e in Trentino? 

Ne "Il Bracconiere" la storia di Pia ci riporta agli eventi del ’68: Trento è sempre stata un'incubatrice di innovazione sociale. Mi sembrava importante, data la narrazione della storia di tossicodipendenza di Pia, ambientare anche le altre storie a Trento. Quella del ’68 è stata una rivoluzione giovanile mancata, la cui 'evoluzione' non è riuscita completamente. Il territorio trentino è inoltre un importante punto di riferimento per la cultura dell'alpinismo, a livello italiano ed internazionale. Forti sono state le spinte politiche degli ultimi anni, qui, nel contrasto e nella prevenzione della violenza contro le donne. Questi tre elementi mi hanno spinto a scegliere Trento quale ambientazione ideale per il mio libro.

 

Due temi tra tanti emergono dal libro: la famiglia e l’effetto delle droghe.

La famiglia viene raccontata non quale focolare domestico fonte di pace e serenità, ma come luogo di tensioni, di violenze e nello stesso tempo quale rete capace di tenere insieme anime in difficoltà. A mio avviso i due temi sono fortemente legati: anche la dipendenza da droghe nasce da equilibri personali non ancora raggiunti, da amori imperfetti che si contrastano e si oppongono anziché collaborare e accettare che le emozioni passano, ma gli affetti si coltivano. 

 

Il messaggio nel libro è forte: non ci sono eroi positivi.

Non credo che i lettori vadano a cercare eroi nei libri, non tutti. In realtà i tre personaggi sono tutti eroici a modo loro. Gli eroi li abbiamo al nostro fianco tutti i giorni, basta saperli osservare: la vita ci offre esempi importanti, dobbiamo imparare a leggerli e a sostenerli. Il cambiamento è attorno a noi, siamo tutti figli di un amore imperfetto, l’accettazione e il prendersi cura sono la strada possibile per uscire dall’indifferenza.  

(Foto di Sergio Martini: la spedizione trentina sul Makalu nel 1985)

Filmfestival della montagna di Trento 

Palazzo Roccabruna, 3 maggio 2019, ore 18 

IL BRACCONIERE

Presentazione del libro (LaGrafica edizioni); con Almo Giambisi, Sergio Martini e Domenico Marcolini, modera Katia Tafner.

La libertà e l'avventura. L'amore e la montagna. Il vino e il territorio trentino.

Tre elementi, tre vini trentini e un sommelier estroso, interpretato da Giacomo Anderle, contro l'approccio predatorio all'alpinismo e alla vita. 

Degustazione-presentazione a numero chiuso, per prenotazioni scrivere a progetto.falenablu@gmail.com
Degustazione a cura del Consorzio dei Vini Trentini