Protocollo di Milano

La Magna Carta del cibo

Una nuova costituzione che detta i principi della “buona alimentazione”: Coop ha aderito al Protocollo di Milano che si candida a Expo 2015 come punto di riferimento per un accordo globale.

Come per il clima, così per il cibo. Dopo Kyoto, ecco prepararsi il "protocollo" di Milano. Le grandi questioni dei nostri tempi richiedono risposte globali; hanno bisogno di governi o soggetti diversi, comunque in grado di incidere, disposti prima a sottoscrivere, e poi soprattutto a rispettare accordi e protocolli come questi, su scala planetaria. È la famosa volontà politica ed è quella che più conta. Ma dietro deve esserci un vasto movimento della società civile che "incoraggi i leader", per loro natura poco inclini a osare oltre misura, ad assumere decisioni scomode quanto necessarie, che riguardano l'umanità intera.

Coop ci prova, in campo alimentare, adottando il Protocollo di Milano che si prefigge obiettivi di primaria importanza in vista di Expo 2015 (Milano, 1° maggio-31 ottobre 2015), cui partecipa da protagonista del Future Food District.

 

"La sostenibilità dello sviluppo economico – motiva Maurizio Zucchi, di Coop Italia – cioè di una crescita equilibrata tra produzione alimentare e sfruttamento delle risorse del pianeta, è da sempre uno dei pilastri che guidano le strategie di Coop".

Ma che cos'è il Protocollo di Milano e a che cosa mira? Promosso dalla Fondazione Barilla Center for Food and Nutrition (Bcfn) e consegnato, in occasione del suo ultimo forum internazionale, al ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina e a Paolo De Castro, presidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo rurale della Ue, il documento nella sua versione finale servirà, come si spera, da base per accordi su larga scala.

Si tratta di una magna carta di impegni in fase di implementazione, su cui hanno lavorato, solo nell'ultimo anno, 600 esperti internazionali; da febbraio si sono aperti altri 40 tavoli di lavoro; l’obiettivo è provare a risolvere contraddizioni e squilibri giganteschi che oggi tengono insieme spreco alimentare e fame, obesità e mortalità infantile, sovrapproduzione e penuria di risorse, ogm e perdita di biodiversità, "pratiche sconsiderate da correggere al più presto e processi di gestione responsabile degli sprechi alimentari da attivare", scrivono gli estensori del Protocollo.

 

COOP ADERISCE PERCHÉ...

A sostenere questa bozza di carta del cibo, cui hanno aderito migliaia di persone e altre possono farlo attraverso il sito www.protocollodimilano.it, sono oltre 70 tra organizzazioni e soggetti istituzionali. Coop vi ha aderito con entusiasmo trovando in questi princìpi continuità con il proprio modo di essere e di agire; come dice il vicepresidente vicario di Ancc-Coop, Enrico Migliavacca, "dibattere con istituzioni, imprese, cittadini e attori della società civile sull'insostenibilità dell'attuale ritmo di consumo delle risorse, è un modo di attivare un processo di costruzione partecipata e cooperativa che aiuta a fare comunità". Tra le firme più autorevoli quelle del governo italiano per mano del presidente del Consiglio Matteo Renzi, di Slow Food, Coldiretti, Eataly, Wwf, Legambiente, Save The Children, Jamie Oliver Foundation, Banco Alimentare e così via.

 

LE TRE SFIDE

Sono tre le principali sfide da vincere nei prossimi anni. Su ciascuna di esse Coop ha decenni di esperienze e contributi da mettere sul piatto della bilancia, nonché proposte di arricchimento.

La prima sfida è la fame, cui si contrappone l'enorme spreco alimentare: 1,3 miliardi di tonnellate di cibo commestibile spedite al macero ogni anno, 4 volte la quantità necessaria a sfamare gli 800 milioni di sottonutriti al mondo. Coop fin dal 2003, attraverso progetti dai nomi diversi ma dal medesimo significato (Brutti ma buoni, Buon Fine, Spreco Utile), devolve in solidarietà la merce non più vendibile dei propri negozi, evitando così, per la sua parte, lo sperpero; i dati 2013 parlano di 4.000 tonnellate di prodotti alimentari, per un valore di 23 milioni di euro, che sono state donate a 900 onlus e di cui hanno beneficiato 140 mila persone bisognose.

La seconda sfida riguarda la corretta alimentazione: per ogni persona malnutrita oggi ce ne sono ben due sovrappeso; per troppo cibo muoiono 29 milioni di persone all'anno, quasi quante ne muoiono per mancanza di cibo. Un bilanciamento sembrerebbe possibile ma occorre promuovere stili di vita più sani e buone abitudini a tavola, temi sui quali Coop si è spesa negli anni con numerose campagne e iniziative, nelle scuole e verso l'opinione pubblica, per non dire dei suoi prodotti a marchio più volte riformulati sulla base delle indicazioni fornite dalla comunità scientifica.

La terza questione porta a politiche di promozione dell'agricoltura sostenibile. Una percentuale elevatissima dei raccolti oggi è impiegata per produrre biocarburanti, un nonsense se si considerano il dilagare di fame e malnutrizione e i problemi correlati d’impatto sugli habitat naturali e mancato sviluppo dei popoli del Sud del mondo. Sono tasti su cui Coop batte da un bel po' di tempo, attenta com'è a favorire quei modelli produttivi, come il biologico e l'agricoltura integrata, che utilizzano in modo più efficace le risorse naturali ed energetiche, e l'equosolidale che sostiene l'auto-sviluppo delle economie più povere. (www.consumatori.e-coop.it)

 

 

COOP: 

Forte della sua pluriennale esperienza, Coop ha sottoposto alle altre organizzazioni, associazioni, istituzioni e personalità che stanno sostenendo il Protocollo di Milano alcuni arricchimenti che proviamo qui a riassumere.

Al primo posto l'importanza della trasparenza e dell'accesso alleinformazioni per tutti i consumatori sui beni e servizi connessi al cibo: caratteristiche, provenienze, modalità di produzione e commercializzazione. Per quanto concerne, in particolare, l'educazione alimentare, un ruolo pregnante va attribuito alla scuola.

Poi c'è il ruolo della distribuzione come soggetto attivo nell'assicurarecibo buono e sicuro per tutti,a partire dai soggetti deboli e menoabbienti. Ciò, e Coop lo testimonia, si può ottenere dalla collaborazione con i produttori e l'industria alimentare portate a convergere su linea guida dettate dalle istituzioni pubbliche, nazionali e internazionali. Inoltre con processi di collaborazione interni alla filiera agroalimentare, esperienze di natura cooperativa che possono contribuire in maniera significativa al bene comune. Il cibo non è solo prodotto, ma anche nutrimento, salute, identità, cultura, territorio: è alla base di uno scambio che può avvenire in un mercato lontano o vicino alle esigenze delle persone. Coop è favorevole a questa seconda ipotesi e a promuovere modelli produttivi e forme d'impresa a larga partecipazione e gestione democratica.

Infine la lotta allo spreco alimentare. Coop pensa che vada favorita anche con normative appropriate, attraverso una migliore efficienza delle filiere agroalimentari, la riduzione degli sprechi delle famiglie e la donazione dell'invenduto ad enti benefici.